Accade che dopo l’appuntamento con gli gnocchi arrosto partecipo a un secondo workshop di Cibo a Regola d’Arte. Oggetto della lezione due rivisitazioni di classici friulani: frico e goulash. Docente lo chef Emanuele Pollini del “Carlo e Camilla in segheria”, ristorante aperto recentemente da Carlo Cracco.
Insomma tanta roba.
Ma ecco il colpo di scena, a tagliare le carne per il goulash si presenta Carlo Cracco in persona, che a seguire girerà tra le postazioni ad aiutare gli astanti dispensando consigli e battute.
Emozione comprensibile dei presenti, introduzione sul mondo della cultura culinaria friulana e si parte con il goulash con le istruzioni di Emanuele Pollini.
Il goulash
Per le dosi andiamo un po’ a occhio, comunque ho infarinato i bocconcini di carne (culaccia nel consiglio dello chef) e li ho sigillati in padella molto calda con un poco di burro (per gli amanti dei tecnicismi ho fatto la maillard) e poi trasferiti in una pentola a bordi alti.
A seguire nella padella ho messo a sudare mezza cipolla finemente affettata con salvia, rosmarino e aglio in camicia, lasciando i resti della cottura della carne.
Un volta appassita l’ho trasferita nella pentola, ho “sgrassato” la padella con un poco di birra bionda (trasferendo anche questo nella pentola), aggiunto una patata a cubetti di circa un cm e aggiunto il resto della birra (una bottiglietta) come liquido di cottura.
A questo punto ho regolato di pepe e sale e lasciato su fuoco medio/basso. Trascorsa un’ora, va aggiunta la paprica (quantità variabile a seconda dei gusti personali) e in capo a circa un paio d’ore dovrebbe essere pronto (aggiungere acqua all’occorrenza). “Dovrebbe” perché vista la durata della lezione di un’ora chiaramente non ho visto il goulash finito, ma solo immaginato :-P.
In ogni caso l’assaggio a fine workshop mi ha suggerito che rispetto all’originale io userei una birra scura più carica, ma anche qui siamo nei gusti personali.
Il frico
Passiamo al frico, classico friulano che prevede tradizionalmente due versioni, una fribabile di solo formaggio Montasio e una morbida con l’inserimento delle patate (in alcuni casi anche cipolla). Nella rivisitazione che ho realizzato siamo un po’ a metà strada, dove ci sono Montasio e patate, ma cotti separata-mente. Ho grattugiato una dose abbondante di Montasio e l’ho fatto sciogliere con un po’ di burro in padella molto calda in modo da creare una cialda (consiglio di Cracco: la padella ideale dovrebbe avere i bordi retti e non svasati per facilitare la formazione della cialda). Fatta la crosticina su un lato, bisogna girare il formaggio fuso sull’altro lato (per cui se volete provate il numero del rivoltamento in aria oppure vi aiutate con spatola e cucchiaio) e una volta raggiunta la crosticina sul secondo lato si arrotola e mette da parte.
Parallelamente ho preso una patata, l’ho pelata e tagliata a fettine sottilissime direttamente con il pelapatate, adagiandole come un fiore in padella caldissima, girando il tutto una volta che ha preso colore. In questo modo ho creato una sorta di cialda (le fettine molto sottili si agganciano una all’altra).
A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per impiattare: sotto le patate, sopra il goulash e a fianco il Montasio arrotolato.
Un’esperienza davvero formativa e soprattutto molto divertente grazie alla guida di Emanuele Pollini e la presenza di Carlo Cracco, degno esempio di una bella manifestazione.
Alla fine gli chef hanno detto si’ a me e alla compagna di banco in questa avventura, La signora dei Fornelli. E se volete qualche bella ricetta qui il suo blog.
Bonus: la cialda di Montasio può essere fatta anche con il coppapasta. In padella molto calda lo si riempie a più riprese di formaggio finché non fa crosticina sul fondo. Con mani di amianto (a me lo ha girato direttamente Cracco) si gira il coppapasta, si stacca il tortino in modo da creare crosticina anche sull’altro lato e il gioco è fatto. La peculiarità di questa versione è che si mantiene facilmente un cuore morbido al centro.
Bonus #2: se vi volete cimentare con la versione “ufficiale” di Cracco, presentata anche nel libro A qualcuno piace Cracco, dovete armarvi di Montasio con diverse stagionature e procedere in due padelle in modo da creare una sorta di millefoglie di Montasio aggiungendo i diversi tipi man mano che si formano le crosticine.