In compagnia dell’amica Barbara, compagna di corso sommelier AIS, ho affrontato il mio primo Vinitaly. Un’esperienza decisamente bella e ispiratrice dove abbiamo assaggiato, ascoltato e capito tanti vini. Filo conduttore della visita: ad accoglierci abbiamo trovato quasi sempre donne pronte a raccontarci le emozionanti storie dietro le loro creazioni.

Prima visita allo stand della Cantina Letrari di Rovereto. Conosco Lucia Letrari e i suoi vini da molti anni. Produttori di Trento DOC per vocazione, il loro Dosaggio Zero Riserva non può mai mancare nella mia cantina. Nella loro produzione si trovano anche dei rossi potenti (Enantio e Ballistarius tra gli altri) e dei bianchi trentini da non sottovalutare (su tutti il Fossa Bandita).
Nel tempo Lucia è sempre riuscita a stupirmi e questa è la volta del Quore, Trento DOC millesimato “estremo” con un 100% di chardonnay che gli dona un’eleganza e morbidezza difficili da trovare altrove. Abbiamo poi assaporato il top di gamma, l’ormai classico Riserva del fondatore, dove si arriva fino a un 40% di uve pinot nero che lo rendono più strutturato al palato e con un bouquet intenso, difficile da dimenticare. Uno spumante che si produce solo nelle annate buone e che richiede 96 mesi sui lieviti.
Casualmente siamo poi passati davanti allo stand di Terre da vino (io non credo alle coincidenze). Occasione ghiotta per scoprire la nuova linea di eccellenza Vite Colte. Siamo in Piemonte, terra di Barbera e Barolo e gli assaggi di La Luna e i falò da un lato e Paesi Tuoi dall’altro non tradiscono le aspettative. Colore di cui innamorarsi, freschezza al palato mantenendo un giusto apporto di tannini rendono le due versioni di Barbera assaggiate (una proveniente dalla nuova DOC Nizza) un’esperienza da ripetere. Le parole d’amore di Cristina rendono giustizia ai due Barolo dove la potenza delle uve nebbiolo si trasforma in profumi sempre nuovi con il passare della degustazione.


Ed è ora di allontanarsi anche geograficamente. Ci aspetta Donnafugata che ci aveva non poco incuriosito con la sua presenza attiva sui social media, in particolare Twitter. Anche qui
troviamo una “squadra” di donne pronte a raccontarci come un vino sia il risultato dei sentimenti di chi ci lavora. Cantina siciliana daimolteplici vini che spaziano dal bianco al rosato al rosso fino al passito (per orientarsi qui trovate anche un simpatico test). Non ce ne facciamo mancare uno.
Assistiti da Anna e sotto l’occhio attento di José Rallo che guida insieme al fratello Antonio l’azienda partiamo con Il Prio, Cataratto fresco e profumato ci porta su una terrazza in riva al mare con un crudo di mare ad attenderci. Segue il Lumera un rosato che, premettendo il mio poco amore per il genere, riesce nella sfida di un vino leggero che si apre al palato con sentori floreali e fruttati di tutto rispetto.
Mille e una Notte rosso di corpo dove syrah e nero d’avola si fondono in modo equilibrato, tirando fuori una buona complessità odorosa da frutti molto maturi a spezie e sentori tostati. Infine il Ben Rye passito di Pantelleria da uve zibibbo (o moscato d’Alessandria che dir si voglia). Per intensità e complessità mi ha portato più verso la meditazione più che un accompagnamento al dolce (tipico luogo comune dei passiti). Menzione speciale per le etichette di Donnafugata, delle vere opere d’arte.

Ma un uomo lo avete trovato? Sì ci aspettava nello stand di Paternoster, cantina in
provincia di Potenza, ed era proprio Vito Paternoster che ci ha introdotto all’Aglianico e ai segreti di una Basilicata che con grinta si sta ritagliando attenzione nel nostro Paese. Il vino che più rappresenta Paternoster è il Don Anselmo senza dimenticare il Synthesi al quale va stretto il concetto di linea “base”, tutt’altro. Tornando al Don Anslemo ci siamo trovati di fronte a un vino maschio, senza compromessi, caratterizzato da un ingresso in bocca asciutto e caldo, con una persistenza notevole.
Non solo vini. Ebbene sì abbiamo anche trovato il tempo di prendere un aperitivo ospiti della Signora Nardini dell’omonima distilleria Nardini, che ci ha fatto scoprire il Mezzoemezzo, ovvero come ci si avvicina al pasto dalle parti del ponte di Bassano. Troppo facile tirare in ballo lo spritz, ma qui siamo di fronte a un liquore aperitivo che nasce dall’infusione di 7 erbe amaricanti, piante aromatiche, frutta e si sposa alla perfezione con il seltz.
Poi, quando meno te lo aspetti, musica, bandiere e arredamento di uno stand ci hanno portato al volo a Santiago de Cuba. Il Ron Caney tiene alta la tradizione cubana con dei ron che spaziano tra i Blanco (suggerito per cocktail, ma quello che abbiamo assaggiato andava benissimo anche liscio…) Oro Ligero e Añejo. Quest’ultimo, il più invecchiato e corposo aumenta i profumi e i sentori fruttati e del legno.

Prima di lasciare Vinitaly c’è solo tempo per celebrare il perfetto matrimonio tra Prosecco e prosciutto San Daniele, protagonista di un interessante iniziativa di social-instant-book o meglio hashtag book, e di far visita agli amici di Vino Custoza, consorzio a tutela dell’omonimo vino della zona tra lago di Garda e Verona. Un bianco fresco e leggero con buona personalità olfattiva che merita maggiore notorietà.
Chiudo questo lungo post con un consiglio su come visitare il Vinitaly: evitate i banchi degustazione delle cantine – banchetti laterali degli stand – dove correte il rischio di assaggiare giocoforza dei vini “base” che vi daranno un’idea sbagliata della cantina e della sua filosofia. Trovate il modo di entrare nello stand, magari con un appuntamento e fatevi dedicare del tempo per entrare in contatto con la storia, il progetto, il sentimento che è dietro un grande vino. Un’esperienza senza prezzo anche per tutti gli appassionati non addetti ai lavori in senso stretto.
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