Non solo “Barolo, Barbaresco & Roero” con GoWine

Come lo scorso anno GoWine, associazione che promuove il turismo del vino ha organizzato presso l’Hotel Michelangelo di Milano una degustazione – incontro con la bellezza di 49 Aziende Vinicole di Langhe e Roero.logo_Go_Wine

Impossibile fermarsi a parlare con tutti, ma ho fatto del mio meglio per approfittare dei tanti produttori che hanno portato non solo gli ultimi in commercio, ma anche annate precedenti insieme a qualche bottiglia di vitigni autoctoni che hanno stuzzicato la mia curiosità.

Primo incontro con la cantina Bera del paesino Neviglie, poco più a Sud di Barbaresco e Neive. All’assaggio un Barbaresco DOCG 2013 e uno Riserva Rabaja 2011. Entrambi austeri ed eleganti, nel primo ho trovato una leggera predominanza tannica che suggerisce di aspettare ancora un poco l’evoluzione di un vino che promette sicuramente bene. La Riserva, grazie anche ai due anni in più in bottiglia, risulta più equilibrato e chiama subito alla mente un bell’arrosto. Per finire il Barolo della casa, millesimo 2013 dimostra una bella personalità robusta e asciutta, con profumi persistenti di spezie.Bera

Mi sono poi spostato da La Biòca, cantina di Fontanafredda di Serralunga d’Alba. E’ stata l’occasione di approfondire il tema “2014”. La vendemmia 2014 è stata una delle più difficili degli ultimi anni nelle Langhe, con una primavera calda e piovosa seguita da un’estate fredda e piovosa. Non certo l’ideale per i viticoltori. Solo a settembre si è potuto contare su un clima secco e soleggiato che ha portato una vendemmia con meno uva e biocaqualità degli altri anni. Per questo motivo le cantine si sono divise tra chi ha deciso di non produrre Barolo nel 2014, chi ne ha ridotto il numero di bottiglie per garantire una maggiore cernita qualitativa, chi invece ha destinato le uve di nebbiolo ad altri vini meno “pregiati”. L’impressione che mi sono fatto parlando con i diversi vignaioli è che non tutti hanno subito gli stessi danni per cui le differenti scelte risultano tutte plausibili. La Biòca ha deciso di produrre comunque sia Barbaresco che Barolo 2014, entrambi in degustazione. Al mio palato l’annata difficile si è sentita, in particolare il Barolo anche a confronto con altre annate. Non per questo si tratta di un vino da disprezzare. Anzi a mio giudizio siamo di fronte a una bottiglia che può piacere e avvicinare al Barolo chi solitamente non ne apprezza austerità e tannino accentuati.

E. Molino è un produttore di La Morra molto piccolo, 2,5 ha in tutto e circa 6.000 bottiglie all’anno. Come spesso capita nelle piccole dimensioni si vedono grandi passioni e tradizioni familiari che si riflettono in vini di eccellenza, come il Barolo Riserva del Fico 2010. Ottenuto da vigne di oltre 60 anni con uve vendemmiate tardivamente ha un tannino deciso ma non invasivo e intensi profumi di fiori, non sempre presenti in un Barolo. Maggiore freschezza la si nota nel Barolo Bricco Rocca, in parte frutto di vigneti più giovani. Infine ho assaggiato un Barbera d’Alba Superiore 2015, a produzione molto limitata e qualità decisamente alta.

Molino

Se i produttori fino ad ora possono essere considerati tradizionali anche nel packaging delle bottiglie, l’ultimo produttore o meglio produttrice del quale ho assaggiato Barolo si Astemiadistingue fin dal nome della cantina. L’Astemia pentita, nasce da una storia vera di una imprenditrice che si è avvicinata al mondo enologico da astemia per poi farsi prendere dal suo fascino (anche se non è chiaro quanto lei assaggi della sua produzione). Come il nome anche le bottiglie hanno forma e etichette che definirei moderne quasi di design, ma l’innovazione si ferma lì. Il contenuto è un Barolo Cannubi DOCG 2013  di carattere, che pur scalpitando all’ingresso in bocca si ammorbidisce per un finale persistente.

Negro

Passiamo al mondo del Roero con la cantina Negro, presenza storica di Monteu Roero fin dal 1670. Il Roero DOCG Riserva Ciabot San Giorgio dimostra come a torto il Roero sia meno considerato rispetto ai “fratelli” di vitigno nebbiolo Barolo e Barbaresco. In effetti un vino decisamente complesso che con i suoi 32 mesi di affinamento in legno trova un non facile equilibrio tra profumi freschi e corpo più importante con tannini sviluppati. Per la cronaca Ciabot sta per casotto, che sorge in cima al terreno da cui prende le uve e il nome questo cru.

roeroarneisNon si può “lasciare” il Roero senza degustare un buon Arneis. Compito egregiamente svolto dalla Cascina Ciapat che si è fatta in due. Il Roero Arneis DOCG Pian Alto si presenta in tutta la sua freschezza e vivacità come il compagno ideale di aperitivi grazie alla sua piacevole nota agrumata. Maggiore struttura nel Roero Arneis DOCG Lunetta Soprana dove ho percepito la presenza di frutta verde ed sentori erbacei. Un bell’abbinamento anche con pesce o primi piatti di verdure come asparagi. Se a questo aggiungiamo che la Cascina Ciapat ha anche una produzione agricola, capite che val bene una visita dove unire ai vini confetture, miele, nocciole e in stagione anche ciliegie, albicocche e mele.

E per finire in bellezza due vitigni autoctoni di quelli che se non diego morrasei della zona difficilmente ti capita di scoprire. Il primo un Verduno Pelaverga della cantina Diego Morra . Il Pelaverga Piccolo è un vitigno a maturazione medio tardiva (ultima decade di settembre) florido e con buona produttività. Il suo germogliamento tardivo lo rende resistente alle gelate primaverili. La zona di coltivazione, di soli 18 ettari in totale, comprende il comune di Verduno e alcune parti dei territori di La Morra e Roddi d’Alba. Fresco e giovanile è un rosso dalle tonalità vivaci che si esprime al naso con diverse sfumature speziate. In bocca è più semplice con una nota morbida gradevole.

Il secondo vitigno autoctono è La Favorita, uva bianca che in passato era diventata da Fallegroconsumo a tavola, grazie anche alla bellezza e ricchezza dei suoi grappoli (da qui il nome). Si tratta dell’unico Vermentino che viene coltivato lontano dal mare e narra la leggenda che sia arrivata nel basso Piemonte e in particolare nel Roero a seguito degli scambi commerciali con la vicina Liguria. Viene talvolta chiamata “furmentin” per il suo colore dorato che ricorda il frumento maturo. Il Fallegro dei Poderi Gianni Gagliardo  come i suoi parenti “vermentini” presenta una freschezza e fragranza accattivante, minore mineralità e maggiore presenza di profumi e sapori di frutta.

Insomma, un appuntamento, quello organizzato da GoWine, che non delude grazie alla presenza di tanti vini e soprattutto alla disponibilità dei produttori a raccontare la loro storia. Al prossimo anno.

Pubblicità

Valpolicella in bicicletta, sulle tracce dell’Amarone.

Valpolicella, zona del Veneto di terra preziosa, dove un ettaro coltivato a vite arriva a costare fino a un milione di euro. Forse per questo si dice che se non stai attento ti piantano una vite pure in testa. E’ la zona dove, grazie alle speciali tecniche di vinificazione, nascono Amarone e Ripasso. L’appassimento controllato nei fruttai da un lato e il “ripasso” sulle vinacce esauste dall’altro, sono le caratteristiche che determinano il successo di due vini riconosciuti in tutto il mondo ottenuti da uve corvina, corvinone, rondinella, molinara e oseleta (più raro l’utilizzo della turchetta).

Molti sono i produttori- spesso imparentati tra loro (i terreni sono il risultato delle spartizioni ereditarie)- e io sono stato a trovarne uno, che oltre ad avere optato per una produzione che privilegia la qualità rispetto alla quantità, sta lavorando per andare oltre alla “sola” produzione di vino.

La Tenuta Santa Maria Valverde ha un produzione di circa 8.000 bottiglie, potrebbe produrne molte di più, ma ha deciso di utilizzare per i propri vini solo l’uva migliore. Alla produzione di vino hanno deciso di abbinare anche l’offerta di turismo cicloturistico. Si tratta infatti della prima cantina in Veneto dotata di bike station, nella quale chi avesse deciso di visitare le colline della Valpolicella in bicicletta può trovare, insieme a un bicchiere di vino, un posto dove effettuare piccole riparazioni al proprio mezzo. E se non hai la bicicletta? E se non sei in forma per affrontare le salite (e in Valpolicella ce ne sono tante)? Nessun problema. La tenuta mette a disposizione delle e-bike di ultima generazione con motore elettrico che “assistono” nella pedalata. Ho avuto occasione di provarla e vi assicuro che rende godibile la visita della zona e dei suoi continui saliscendi.

Ma prima di passare ai vini degustati (chiaro che eravamo lì per quello), per la rubrica “Lo sapevate che…” , alcune curiosità raccolte da Ilaria e Nicola, splendidi padroni di casa insieme all’enologo Paolo Grigolli, “autore” di molti vini pluripremiati, che ci ha accompagnato in tutta la giornata, pedalata compresa.

  • La vocazione vinicola della Valpolicella risale ai tempi dei romani con produzione di vini per i territori germanici. Vini molto alcolici (per poterli conservare nei lunghi trasporti) che venivano per questo tagliati con l’acqua prima del consumo.

  • Ci fosse bisogno di dirlo, non tutti gli Amaroni sono uguali. Per iniziare possiamo suddividere la Valpolicella in tre aree e relativo macro terroir Fumane, Marano e Negrar. Le chiamo impropriamente macro per lasciare intendere come poi ogni ettaro abbia caratteristiche proprie che, insieme alle scelte fatte dai produttori in cantina, influenzano il vino.

  • Il Ripasso era il vino degli schiavi romani. Potevano raccogliere per se stessi solo gli sgarbiroi, l’uva di scarto non maturata e la ripassavano nelle vinacce usate per l’Amarone alla ricerca di un minimo di sapore.

  • Una volta la Valpolicella era conosciuta per numerose colture in particolare frutteti di pesche e ciliegie, oggi in buona parte soppiantati dalla vite.

  • Per il migliore appassimento delle uve nella produzione dell’amarone vengono usati esclusivamente grappoli spargoli ovvero radi, con spazio tra un acino e l’altro dove possa circolare bene l’aria.

Ma veniamo alla degustazione. Per prima cosa ho potuto “assaggiare” un campione dell’Amarone 2016 nella splendida taverna in cantina. Ben lontano da cosa diventerà, ma allo stesso tempo affascinante per quello che già lascia intravedere al naso e al palato.

E per apprezzare al meglio quanto detto sulle diversità dei vari Amaroni, alla degustazione abbiamo trovato oltre ai vini della tenuta Santa Maria Valverde anche quelli di un “vicino”. Il secondo produttore è l’Azienda Agricola Novaia, storico produttore della valle di Marano. Per entrambe le cantine abbiamo degustato un Valpolicella Ripasso e un Amarone.

Valpolicella Ripasso DOC Classico 2014 – Novaia
Annata difficile caratterizzata dal doppio delle precipitazioni che hanno reso faticosa la maturazione. Nonostante questo il vino risulta il linea con lo stile della cantina, rosso rubino intenso e caratterizzato da freschezza fino al confine dell’acidulo, struttura e persistenza di frutta rossa matura superata però dalla presenza di spezie e mineralità. In sintesi un vino decisamente “bevibile”.

Valpolicella Ripasso DOC Classico 2012 – Tenuta Santa Maria Valverde
Rosso rubino intenso con riflessi violacei, è un vino che grazie alla doppia fermentazione porta al naso sentori di confettura di frutti rossi (in particolare mirtillo, ciliegia, prugna). A seguire caramello, essenze tostate e vaniglia (grazie ai 6 mesi passati in barili di rovere) che si allargano in bocca a spezie in particolare pepe.
I terreni di tufo vulcanico e l’utilizzo di soli tini troncoconici regalano una decisa morbidezza.

Amarone della Valpolicella Classico DOC 2009 – Tenuta Santa Maria Valverde
Le uve sono le medesime del Ripasso, la differenza la fa principalmente l’appassimento e i 30 mesi in barili di rovere di media tostatura che vanno, tra l’altro a limare l’acidità. Il risultato è un vino complesso, ricco di sfumature a partire dal colore che dal rubino intenso punta al granato. Si fa sentire la frutta rossa matura in confettura, dalle amarene ai lamponi.

Amarone della valpolicella Classico DOCG Corte Vaona 2012 – Novaia
Anche in questo caso si presenta un vino più da bere che degustare, più fresco che morbido, più facilmente abbinabile con il cibo. Nonostante sia piuttosto giovane per la tipologia di vino è comunque pronto con una buona struttura, sebbene lasci intravedere margini di miglioramento soprattutto dei profumi terziari.

Insomma ho passato una splendida giornata pedalando, bevendo e imparando tante cose. E mangiare? Beh, se passate da queste parti non fatevi scappare la tradizionale pastissada de caval (uno stracotto di carne di cavallo) con la pasta fresca, come quella che ho mangiato alla “Trattoria dalla Bice“, accompagnata da un buon bicchiere di Valpolicella Classico.

Potrei raccontarvi ancora di come sia interpretato il biologico da queste parti, di come la zona sia ricca di reperti romani inclusi templi che stanno rivedendo la luce in questi mesi e tante altre cose, ma secondo me fate meglio ad andare direttamente sul posto, a farvelo raccontare direttamente 😉

Vino condiviso, Gowine e Live Wine: se la degustazione non è solo bere vino

“Ti piace andare alle degustazioni vero?”
“Sì…”
“Perché ti piace il vino. Il buon vino.”
“Non solo. Non solo.”

E allora perché andarci? Se c’è una cosa che ho imparato diventando sommelier AIS è che dietro a un vino esiste una storia fatta di persone e sentimenti, che dopo anni di lavoro vive racchiusa in una bottiglia. Incontrare chi questa storia la fa e farsela raccontare sorseggiando il frutto di tanta passione non ha prezzo. Se lo si riesce a fare a “casa loro”, in cantina, tanto meglio, ma viva gli eventi di degustazione che i produttori te li portano faccia a faccia.

Così settimana scorsa, nel giro di pochi giorni ho raccolto tante testimonianze di coraggio, storie di famiglia e voglia di innovare.

Barbaresco Valeirano - La SpinettaHo iniziato con Vino condiviso, interessante iniziativa dell’enoteca sotto casa William’s café per condividere tra amici una bottiglia di alto livello che magari da solo non ti compreresti. Così Davide ci ha introdotto ai segreti della cantina La spinetta portando all’assaggio un Barbaresco Valeirano 2012 (vino robusto con potenziale di invecchiamento fino ai 30 anni, tante note speziate e fruttate) e un Moscato d’Asti Bricco Quaglia (che fa del finale fresco il suo punto di forza). Queste le due anime di una storia di famiglia che in pochi anni sono passati dal solo Moscato alla produzione di Barbaresco, Barbera e infine l’ambito Barolo, sempre con ottimi risultati. Infine le acquisizioni in Toscana per la produzione di vino ma anche di olio. Splendide le etichette, e la loro storia, nate da riproduzioni di tavole grafiche comperate appositamente e conservate in cantina.

Nebbiolo Metodo Classico - ParussoPoi Gowine, associazione che promuove il turismo del vino, ha organizzato l’evento Barolo, Barbaresco & Roero, dove oltre 40 produttori hanno presentato tutte le sfaccettature del nebbiolo, ma non solo. Qui ho incontrato Parusso, una storia di coraggio che passa dal modificare i propri vini per inseguire un sogno diverso, definire quello che oggi è un vero “stile Parusso” che passa tra Barbera, Nebbiolo e Barolo. Anche sperimentando fino ad arrivare a un Metodo Classico Brut 100% nebbiolo. E ancora Vaira che distingue i suoi Barolo tra “femmina” e “maschio” (per la cronaca io ho preferito la femmina Bricco delle Viole) spiegando cartina alla mano le caratteristiche dei vigneti un per uno. Altra storia di famiglia quella di Alario Claudio che da tre generazioni si occupa di viti, ma solo nel 1988 inizia la produzione del suo vino in quel di Diano d’alba. E per l’occasione ha aperto un Barolo 2008….

Barolo Bricco delle Viole - Vairabarolo-2008-alario-claudio

Passano pochi giorni e scende in campo Live Wine rassegna da non perdere per la ricchezza di produttori italiani e internazionali accomunati dalla produzione sostenibile. E in più un parterre di produttori alimentari (dai salumi ai formaggi, dal pane alle spezie) da perderci la testa.

champagne-rose-pinot-meunier-jeauneaux-robinParto da due produttori di champagne: Francis Boulard e Jeaunaux-Robin. Entrambi affiancano a produzioni più tradizionali il “coraggio” di due 100% Pinot Meunier, nel caso di Jeaunaux-Robin un rosé. E con questo assaggio ho decretato il mio personale primato del blanc de noirs in tema champagne.

Rimanendo in Francia mi hanno raccontato la storia della famiglia Les cigales dans la fourmilière dove marito e moglie si contendono il primato della cantina ognuno con le sue bottiglie ed etichette.

les-cigales-dans-la-fourmulliere

Ho toccato con mano la ricerca altoatesina di Lieselehof e Thomas Niedermayr che credono nei vitigni resistenti alle malattie e per questo “ecosostenibili”, fino a realizzare un museo della vite dedicato, scriverne libri o mettere in etichetta l’anno di nascita delle vigne. Se vi capita non fatevi sfuggire i loro Bronner e Solaris.

vitigni-resistenti-lieselehofthomas-niedermayr-solaris-e-bronner

togni-rebaioliInfine la passione e il coraggio di Togni Rebaioli che dalla Valcamonica con la fantasia dei nomi e delle rune camune nelle etichette si confronta con disciplinari che gli impediscono di utilizzare nomi dei vitigni e annata di produzione.

Ecco. Il vino non è solo bibita o bevanda che dir si voglia. È molto di più.